Una chemio e un concerto nelle cuffie, grazie.

Ospedale San Luigi di Orbassano. Reparto C.R.E.S.M. Si parte, posto letto finestrino. Sull’albero di fronte alla camera ogni tanto spuntavano gli scoiattoli. Giornata caldissima, ma io avevo freddo, ero coperta fino alle orecchie. Premedicazione. Prelievo, antistaminico, cortisone, soluzione fisiologica. Arrivano 4 medici, era il momento della terapia. Parte l’infusore anni 80 che aveva un difetto ansiogeno: ogni 8 minuti suonava l’allarme. Ogni 8 minuti mi spaventavo. Passati i primi 10 infarti il buon antistaminico stava facendo il suo dovere. Abbiocco. 7 ore di sonno profondo. Non sentivo nulla, ne l’allarme, né i vicini di letto che si lamentavano. Perché si, i compagni di stanza uno dovrebbe poterli scegliere. Invece immancabilmente finivo vicino ad un depresso, o un ipocondriaco, un disfattista… Continua a leggere…Una chemio e un concerto nelle cuffie, grazie.

Ciò che non ti uccide, ti fortifica.

  Il rientro a casa è stato traumatico. Era primavera inoltrata, le giornate si facevano lunghe e calde. Mattia cresceva, era un vulcano, gattonava, sparava cibo ovunque, ma rideva sempre e mi dava forza. In quel periodo abitavo anche in un posto ostile e avrei dovuto traslocare a breve. Ma io non stavo bene, dovevo siringare le cosce con quelle punture maledette, mi avevano detto che avrei avuto degli effetti collaterali, tipo l’influenza, inappetenza, atassia. Giorno 1. Non mi sono alzata dal letto. Tremavo, brividi, non avevo forze. Ero più vicina alla morte che all’influenza. Resisto. Giorno 2. Seconda iniezione. Ospedale. Orbassano. Ricovero. Stavo malissimo. I valori del sangue erano sballatissimi, i linfociti a 700. L’interferone mi aveva intossicata. Nel… Continua a leggere…Ciò che non ti uccide, ti fortifica.

Così ho imparato a danzare sotto la pioggia…

  I primi sintomi e la prima diagnosi errata. Maggio 2006. Ero incinta, la pancia cresceva, era un maschietto, il primo in arrivo di una famiglia di sole femmine. Era nervosetto, piccolino, e tanto amato. Stava arrivando l’estate, cominciavo a metter su la ciccia che non avrei mai voluto vedere appoggiata ai miei fianchi. Ero serena, e sguazzavo in una piscinetta di quattro metri di diametro per patire meno l’afa di quei giorni. Una mattina al mio risveglio ho avuto una strana sensazione, le mie gambe non rispondevano più ai comandi. Ero letteralmente paralizzata. Mi muovevo come un’otaria per raggiungere gli oggetti più vicini, quelli più lontani li raggiungevo in sedia a rotelle. In ospedale mi dissero che il pargoletto… Continua a leggere…Così ho imparato a danzare sotto la pioggia…