Due anni or sono.

Rileggo queste righe, scritte di getto all’inizio della pandemia, che non ho mai pubblicato. Era il 13 marzo 2020. Alla fine penso che sia un peccato lasciarle qui, tra le bozze. …. Giorno 6. Ancora reclusi tra le 4 mura, un pavimento e un tetto. La convivenza stretta è dura, soprattutto perché non siamo abituati. Siamo sempre fuori casa, tra lavoro e commissioni che non ci ricordavamo cosa vuole dire condividere 40 metri quadrati in 6 anime. Punto uno. Il bagno è sempre occupato. Quindi se scappa bisogna attendere il proprio turno. La sera per la doccia bisogna prenotarsi. Mi capita diverse volte durante l’arco della giornata di spaventarmi perché mi giro in corridoio e trovo alle mie spalle mio… Continua a leggere…Due anni or sono.

La noia ai tempi del Coronavirus

    Giorno 5. Asti dichiarata zona rossa, ma non proprio rossa, più arancione, che comunque nella scala cromatica è subito sotto al rosso. Si deve stare a casa. TUTTI. Tolti i primi entusiasmi del non dover per forza uscire e vedere gente, dopo un po’ ci si annoia. E’ una settimana oggi che non vado a lavorare. Essendo immunodepressa e a rischio più di una persona sana mi è stato consigliato da neurologo e medico di base di passare questo periodo a casa, evitando i contatti esterni. Lavorativamente ho attuato un metodo di ferie e permessi recuperati e fino a che ho giorni da scalare me ne sto a casa. Non trovo per niente giusto il dover usare questo… Continua a leggere…La noia ai tempi del Coronavirus

E poi ho rivisto la luce.

    La mia vita passava abbastanza tranquilla, lavoro, casa, famiglia ,esami mensili di controllo. Solo nel momento in cui si alzavano i valori dei linfociti cd19 allora mi regalavano una terapia. I primi anni le infusioni erano due. La prima a pochi giorni dall’esito degli esami del sangue e la seconda dopo 15 giorni. Questo era il protocollo. Ho passato così 5 anni. La cosa strana è che i miei linfociti salivano sempre tra luglio e agosto, per cui invece di andare al mare come facevano tutti, i miei giorni di riposo o di ferie li passavo a casa tra una terapia e l’altra. Non potevo stare al sole, con la premedicazione pre terapia era incluso il cortisone che… Continua a leggere…E poi ho rivisto la luce.

Da allora fui Emanu-leela.

  Nel luglio 2008 mi svegliai un mattino con qualcosa che non andava, avevo una strana sensazione, c’era qualcosa che non funzionava, ma non capivo cosa fosse. Il giorno prima avevo avuto un fortissimo mal di testa. Dopo qualche ora che giravo per casa sbattendo ovunque e procurandomi vistosi lividi, scopro di non vedere più dall’occhio sinistro. Ero cieca totale da un occhio. Non provavo dolore, ma vedevo solo dall’occhio destro. Vi lascio immaginare la quantità di strizza che ho provato, e la quantità di cacca nella quale mi sono trovata immersa da un giorno all’altro. Chiamo immediatamente il centro per avvisare del mio arrivo imminente. Mi preparano moralmente già al telefono perché sarei dovuta stare un po’ di tempo… Continua a leggere…Da allora fui Emanu-leela.

Penso a vivere, non alla malattia.

      Dopo questi racconti un po’ infausti, dove descrivo i primi passi nella Devic durati più di un anno, (2006/2007)  tra diagnosi e terapie sbagliate, vorrei invece farvi tesoro delle cose positive che ho trovato col tempo nell’ avere questa malattia. E sappiate, che anche se sembra impossibile e assurdo ce ne sono. Nessuno ti manderà mai a cagare. Sei effettivamente e a tutti gli effetti una persona malata, per cui tutti ti trattano coi “guanti”. Esempio pratico: se normalmente qualcuno ti avrebbe mandata a quel paese, ora che sei “malconcio” non lo fanno. Le persone hanno paura di ferire un cagionevole, per cui passi sempre liscio in ogni situazione. Molte volte si trovano anche esseri umani che… Continua a leggere…Penso a vivere, non alla malattia.

Una chemio e un concerto nelle cuffie, grazie.

Ospedale San Luigi di Orbassano. Reparto C.R.E.S.M. Si parte, posto letto finestrino. Sull’albero di fronte alla camera ogni tanto spuntavano gli scoiattoli. Giornata caldissima, ma io avevo freddo, ero coperta fino alle orecchie. Premedicazione. Prelievo, antistaminico, cortisone, soluzione fisiologica. Arrivano 4 medici, era il momento della terapia. Parte l’infusore anni 80 che aveva un difetto ansiogeno: ogni 8 minuti suonava l’allarme. Ogni 8 minuti mi spaventavo. Passati i primi 10 infarti il buon antistaminico stava facendo il suo dovere. Abbiocco. 7 ore di sonno profondo. Non sentivo nulla, ne l’allarme, né i vicini di letto che si lamentavano. Perché si, i compagni di stanza uno dovrebbe poterli scegliere. Invece immancabilmente finivo vicino ad un depresso, o un ipocondriaco, un disfattista… Continua a leggere…Una chemio e un concerto nelle cuffie, grazie.

Grandi decisioni, grandi responsabilità.

Passano 15 giorni. Ricevo la chiamata del Signore, il capo ultrà dei neurologi del c.r.e.s.m. un reparto, colorato e simpatico, ai tempi poco frequentato dai malati di sclerosi multipla a dire la verità. Era un reparto intimo, dove un po’ ti sentivi a casa, soprattutto con la presenza della grandissima Ines! A quel tempo avevo 24 anni ed ero una delle pazienti più giovani in cura. Ad oggi invece vedo passare in quei corridoi bambini e ragazzi di sicuro nemmeno maggiorenni. Penso sempre che sono stata fortunata, che la malattia mi abbia graziata dandomi la possibilità di avere un figlio e realizzare qualche mio sogno. Ma se penso a quegli adolescenti già alle prese con terapie e bastoni, così giovani… Continua a leggere…Grandi decisioni, grandi responsabilità.

Ciò che non ti uccide, ti fortifica.

  Il rientro a casa è stato traumatico. Era primavera inoltrata, le giornate si facevano lunghe e calde. Mattia cresceva, era un vulcano, gattonava, sparava cibo ovunque, ma rideva sempre e mi dava forza. In quel periodo abitavo anche in un posto ostile e avrei dovuto traslocare a breve. Ma io non stavo bene, dovevo siringare le cosce con quelle punture maledette, mi avevano detto che avrei avuto degli effetti collaterali, tipo l’influenza, inappetenza, atassia. Giorno 1. Non mi sono alzata dal letto. Tremavo, brividi, non avevo forze. Ero più vicina alla morte che all’influenza. Resisto. Giorno 2. Seconda iniezione. Ospedale. Orbassano. Ricovero. Stavo malissimo. I valori del sangue erano sballatissimi, i linfociti a 700. L’interferone mi aveva intossicata. Nel… Continua a leggere…Ciò che non ti uccide, ti fortifica.